Alzheimer e bilinguismo

Alzheimer e bilinguismo - Villa Mafalda Blog

Quale relazione lega Alzheimer e bilinguismo?

Oggigiorno, in piena  globalizzazione, parlare una lingua straniera rappresenta un fattore importante, che può fare la differenza sia in ambito lavorativo che in quello sociale. Trovare un lavoro, viaggiare, conoscere culture diverse e fare nuove amicizie non sono gli unici benefici che comporta la conoscenza di una lingua diversa dalla propria.

Secondo uno studio italiano pubblicato lo scorso 30 gennaio su una rivista scientifica statunitense (la PNAS – “Proceedings of the National Academy of Sciences”) e intitolato “The impact of bilingualism on brain reserve and metabolic connectivity in Alzheimer’s dementia”, il bilinguismo modifica il modo in cui funziona il nostro cervello, rendendolo più forte e capace di ritardare l’insorgere di malattie degenerative, come l’Alzheimer, e di contrastarle meglio a fronte della perdita di funzioni e strutture cerebrali importanti.

UNO STUDIO ITALIANO SUL RAPPORTO TRA ALZHEIMER E BILINGUISMO

La Prof.ssa Daniela Perani, direttrice dell’Unità di neuroimaging molecolare e strutturale in vivo nell’uomo della Fondazione IRCCS e docente dell’Università Vita-Salute (San Raffaele di Milano), ha condotto uno studio su un gruppo di 85 persone affette da morbo di Alzheimer: 45 erano bilingue altoatesine (parlavano, quindi, italiano e tedesco), mentre le altre 40 parlavano solo italiano.

Attraverso una tecnica di imaging chiamata FDG-PET, che permette di misurare il metabolismo cerebrale e la connettività funzionale tra diverse strutture del cervello, la Prof.ssa Perani e il suo team hanno evidenziato che sui bilingue parlare una seconda lingua quotidianamente comportava effetti positivi:

  • Avevano una riserva cerebrale maggiore, che rendeva loro capaci di compensare meglio gli effetti neurodegenerativi dell’Alzheimer, funzionando come difesa contro l’avanzare della demenza
  • I loro circuiti di controllo, sia cognito che esecutivo, erano decisamente più forti
  • Avevano in media 5 anni in più rispetto ai pazienti monolingue, quindi la malattia insorgeva più tardi
  • Avevano ottenuto dei punteggi più alti nei test cognitivi effettuati per valutare sia la loro memoria verbale che quella visuo-spaziale (ossia la capacità di riconoscere volti e luoghi)
  • Il loro metabolismo cerebrale risultava decisamente ridotto in aree cerebrali che normalmente vengono colpite dalle patologie neurodegenerative.

Comprendere e parlare due lingue diverse per struttura grammaticale e suoni, comporta una intensa attività cerebrale. Difatti i bilingue mostravano una maggiore attività metabolica frontale e connettività tra specifiche aree del cervello. Questo succede, perché, dovendo costantemente operare una scelta tra le due lingue a seconda del proprio interlocutore, il loro sistema di controllo esecutivo-cognitivo è sempre attivo.

CONCLUSIONI

Conoscere e, soprattutto, utilizzare quotidianamente due lingue diverse per la maggior parte della vita non previene certamente malattie come l’Alzheimer, ma può aiutare a ritardare la comparsa dei primi sintomi di quasi 5 anni e a contrastarne gli effetti.

Come sostiene la stessa Prof.ssa Perani , “questo dovrebbe suggerire alle politiche sociali degli interventi atti a promuovere e mantenere l’uso delle lingue e altrettanto dei dialetti nella popolazione […]È un peccato che nel secolo scorso siano stati annientati i dialetti. È stato devastante, perché tante persone avrebbero conosciuto automaticamente due lingue: l’italiano e il dialetto

Presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma sono presenti il Reparto di Neurologia e il Reparto di Neurofisiopatologia

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