Il trattamento dell’ernia inguinale

Negli ultimi 25 anni il trattamento dell’ernia inguinale è cambiato radicalmente: si è passati da interventi che comportavano una lunga degenza postoperatoria – un allettamento dai cinque ai sette giorni – a trattamenti che consentono al paziente di tornare al lavoro nel più breve tempo e nel miglior modo possibili. L’antesignano di questa nuova tecnica è stato un medico italo-americano, il Dott. Trabucco, che ha lavorato per molti anni a Villa Mafalda aiutandoci a mettere a punto la modalità più efficace per trattare l’ernia inguinale: infatti, ad oggi Villa Mafalda conta una delle più grandi casistiche italiane, con oltre 30.000 pazienti trattati.

In cosa consiste l’intervento medico

Dopo un’accurata visita fatta al paziente con cui verifichiamo la vera necessità di operare, (ricordiamo che non tutte le ernie inguinali vanno operate; quella dell’ernia inguinale è una patologia molto comune, dunque se le ernie non recano disturbi particolari non vanno operate).
Dopo aver visitato il paziente, validato l’indicazione a un intervento, il paziente viene portato in sala operatoria. Qui, su un lettino chirurgico, in grande serenità, viene fatta un’anestesia locale nella sede dell’ernia. Nel giro di qualche secondo, l’iniezione toglie il dolore da quella zona e la anestetizza: in questo modo per noi è semplicissimo poter operare.

L’intervento comporta la riduzione del sacco erniario, vale a dire il riposizionamento delle anse intestinali o del contenuto intestinale all’interno dell’addome e il posizionamento di un patch (una retina di materiale sintetico inerte). Questa retina viene sagomata in modo particolare, a fare dapprima un plug – una sorta di ombrellino che si apre quando dall’interno dell’addome c’è una pressione verso l’esterno e allarga il diametro della rete – e una seconda rete che viene messa al di sopra di questo primo plug che fa da toppa al difetto anatomico, che è quello che costituisce l’ernia inguinale.
L’intervento generalmente dura una ventina di minuti, viene fatto completamente in anestesia locale; se il paziente è particolarmente ansioso, viene fatta una modestissima sedazione che termina al momento dell’applicazione dell’ultimo punto cutaneo. Viene data grande attenzione al disconforto del paziente, alla ripresa delle attività lavorative: i punti cutanei non sono visibili e cadono da soli, per cui il paziente non deve neanche tornare a toglierli. Al momento dell’ultimo punto, il paziente si alza e deve tornare al suo letto, alla sua stanza, camminando da solo. Questo perché quando operiamo un’ernia andiamo a toccare l’apparato muscolare, che reagisce contraendosi. Come per lo strappo muscolare, dove il muscolo viene massaggiato.

Dato che non è possibile massaggiare i muscoli della parete addominale, quello che possiamo fare è rimetterli in attività. In questo modo facciamo un massaggio autonomo, che ci consente in pochissimo tempo di far ritornare la contrattilità del muscolo alla normalità, e evitare completamente il dolore.

 

La riabilitazione del paziente

Il primo giorno, il paziente deve percorrere tra i 500 metri e il chilometro a piedi; il secondo giorno può camminare anche per 2-3 chilometri e può tornare a fare un’attività sportiva modesta; dopo una settimana può tornare ad avere un’attività sportiva regolare perché il plug si attacca indissolubilmente ai tessuti nel giro di 24 ore. Bisogna dire che le ernie colpiscono sostanzialmente gli uomini, e gli uomini sono quelli che hanno maggiore disconforto nel postoperatorio. I possibili disconforti maggiori sono:

  •  un lieve ematoma nella zona dell’infiltrazione dell’anestetico locale, che nel momento dell’ingresso cutaneo rovina i capillari. L’ematoma comunque non è dolente, comporta solamente una colorazione violacea della pelle.
  • Molto raramente si possono avere gonfiori del testicolo, che però scompaiono nel giro di 4-5 giorni.
  • Ancora più raramente una complicanza chiamata sieroma: al di sotto della ferita si forma una piccola sacca di siero come reazione all’inserimento del plug.
    Il siero normalmente si riassorbe da solo; solo in casi rarissimi bisogna aspirarlo pungendolo. L’intervento è la panacea per questo tipo di patologia. Gli interventi laparoscopici – di questi tempi molto sponsorizzati per motivi economici e commerciali – sono riservati solo a ernie recidive possibilmente bilaterali, per cui quando la patologia ha assunto una gravità molto più importante.

 

Prof. Paolo Barillari, Specialista in Chirurgia Generale

Casa di Cura Villa Mafalda Roma

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