Leucemia mieloide acuta, una ricerca svela DNA non umano

Leucemia mieloide acuta, scoperto DNA non umano su oltre un paziente su due

Una ricerca completamente autofinanziata grazie alle associazioni Associazioni di Volontariato (Associazione Malattie del Sangue Onlus di Milano e Como Hematology and Oncology di Como) ha svelato una correlazione significativa tra la leucemia mieloide acuta e la presenza di una porzione di genoma presente nelle cellule leucemiche di natura non umana (forse un batterio o un virus). Questa scoperta cambia completamente la prospettiva rispetto a questa malattia: se si riuscisse a trovare una fonte esterna che causa la malattia le possibilità di cura e prevenzione sarebbero molto più elevate.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports (in inglese qui: www.nature.com/articles/srep37201) ed è stato coordinato  per la parte di ricerca accademica dal genetista Alessandro Beghini del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano e da Roberto Cairoli, Direttore dell’Ematologia di Niguarda, per la parte clinica.

Risultati dello studio

E’ stata trovata in oltre un paziente su due una correlazione tra la malattia e una porzione di DNA presente nelle cellule leucemiche che non è di tipo umano. Un’evidenza importante che richiederà ulteriori passaggi di approfondimento per capire quale sia la fonte di questo “corpo estraneo” nel genoma dei pazienti e con quali meccanismi agisca.

Ipotesi per nuovi studi

Il presunto “colpevole” potrebbe essere un virus o un batterio coinvolto nei meccanismi della patologia. La scoperta apre a nuove branche di ricerca. Tutto nasce dall’evidenza di una sovra-espressione della proteina WNT10B nella cellula leucemica. Già in uno studio di 4 anni fa, sempre a firma delle due equipe milanesi, si era visto che la proliferazione cellulare incontrollata, tipica dei meccanismi tumorali, presentava un’iper-espressione di questa proteina. «E siccome dietro una proteina c’è sempre un gene che la codifica ci siamo focalizzati sulla corrispondente porzione di DNA— chiariscono Alessandro Beghini e Roberto Cairoli —. Siamo andati a ritroso e ci siamo chiesti chi impartisse questo ordine in grado di attivare un loop auto-proliferativo senza interruzione . Inoltre, grazie ad una serie di tecniche di biologia molecolare molto avanzate, usate solo in pochi centri a livello mondiale, siamo riusciti a identificare una variante dell’oncogene WNT10B, e lo abbiamo studiato».

Le similitudini con il tumore alla mammella

Inoltre i ricercatori hanno scoperto la stessa alterazione genetica anche in alcune cellule di tumore della mammella. Non avendo potuto approfondire queste similitudini durante la ricerca queste saranno oggetto di studi approfonditi a parte.

Nuove possibilità di cura

La prima ricaduta pratica dello studio è sul trattamento della leucemia: infatti è stato identificato un nuovo target per le terapie a bersaglio molecolare. I prossimi passi della ricerca si concentreranno sullo sviluppo di nuovi farmaci che vadano a stoppare in modo mirato i meccanismi proliferativi mediati da WNT10B. Le leucemie mieloidi acute sono malattie con una prevalenza di casi maschile e un picco di insorgenza dopo i 60 anni. «Considerandole in tutti i tipi, in ogni fascia d’età — stima Cairoli — possiamo dire che oggi curiamo bene circa il 40-45% dei pazienti. Questo però vuol dire che, a seconda dell’età e del tipo di leucemia, ci sono malati con una probabilità di cura del 90-95% e altri con appena il 10-15% di chance». E’ soprattutto per questi ultimi che si auspicano ulteriori progressi, in una branca della medicina – l’oncoematologia – che ha potuto vantare negli ultimi decenni successi fra i più grandi e insospettabili in passato. A far sperare in un impatto positivo del nuovo lavoro c’è infine un ultimo elemento: «I pazienti che presentano la sequenza genetica aliena — conclude Cairoli — non sono quelli a prognosi migliore, né quelli in cui il tumore è secondario a chemio o a radioterapia». Potrebbero essere loro, i malati più “difficili”, a beneficiare maggiormente di questa scoperta.

Tratto da Corriere.it

Redazione Casa di Cura Villa Mafalda Blog

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