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Rosolia in gravidanza, pericolo che si può evitare

Rosolia, esiste il vaccino ma in pochi sanno come fare

La rosolia è una malattia pericolosissima per le donne in gravidanza. Il problema è che in Italia più di una donna su 3 non sa se è immunizzata o meno. I dati peggiori si riscontrano al Sud mentre le regioni del Nord sono più preparate ad affrontare la situazione.

La rosolia si manifesta tendenzialmente nell’infanzia ma i sintomi sono spesso poco incisivi e si tende a confonderla con una comune influenza o, se accade a seguito di morbillo o varicella, con i postumi delle stesse. Per questo troppo spesso alla domanda “hai già avuto la varicella?” una donna in gravidanza non sa cosa rispondere.

Esiste un test che indica se si è immunizzati o meno dalla rosolia e andrebbe fatto negli anni fertili delle donne mentre, in gravidanza, rischia di non servire a niente. Nel caso in cui il test risulti negativo (ovvero non si è immuni alla rosolia) bisognerebbe vaccinarsi.

Conseguenze sul feto

Come conseguenza di una infezione materna da rosolia nel 1° trimestre si può avere aborto, morte fetale, infezione placentare, ma può anche non verificarsi alcuna infezione del feto. La placenta costituisce una valida barriera all’infezione fetale dalla 12° alla 28° settimana di gestazione, mentre la protezione è meno valida al I e III trimestre.
L’epoca gestazionale alla quale la madre contrae l’infezione costituisce la più importante determinante non solo della probabilità di trasmissione materno-fetale, ma anche della gravità del danno fetale. Il rischio di danno fetale si riduce con il progredire dell’età gestionale: 52% in caso di infezione materna prima dell’8° settimana, 36% tra la 9° e la 12°, 10% tra la 13° e la 20° e nessun danno oltre la 20°; se ci si limita ai casi di neonati con sieroconversione le percentuali salgono rispettivamente a 75%, 52%, 18%.

Redazione Casa di Cura Villa Mafalda Blog

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